Dopo aver organizzato una segmentazione RFM e la relativa analisi dei dati dei propri utenti/clienti per capire come migliorare la centralità sul consumatore finale, un ragionamento necessario prima di partire riguarda la mentalità che l’azienda deve adottare in base ai prodotti trattati e al rapporto che intende avere (oppure già ha), con gli utenti finali, compreso il modo con cui si fa conoscere dal pubblico. Per contestualizzare, parliamo di ecom con un minimo di storico, che conservi almeno una base di conoscenza dei propri utenti, non uno shop che è appena nato, insomma.

Questo è uno step che va oltre la tecnicità e il monitoraggio dei dati, e rappresenta una barriera concreta per iniziare a fare le cose come dovrebbero essere fatte. Riguarda il messaggio/oggetto pubblicitario e le sue modalità di distribuzione, e identifica un aspetto cardine da cui partire nella definizione di un piano di comunicazione che abbia respiro nel medio-lungo periodo e che possa essere la base per l’evoluzione del proprio modo di operare.

A conti fatti esistono 2 diversi tipi di business: quello centralizzato sul prodotto(product-centric), e quello che ha il focus sul cliente finale(customer-centric), che permette un’idea di Go-To-Market più flessibile e modellabile in base a ciò che gli utenti vogliono realmente, non solamente secondo i trend generalistici, ma secondo le loro abitudini e necessità.

È product-centric un’attività per cui il mercato genera una domanda concreta, forte ed espressa, dove l’azienda ha lo scopo di massimizzare la vendita di prodotti in trend e attivamente ricercati. La comunicazione è basata sulle caratteristiche principali del prodotto ed eventualmente nuove quando disponibili, prezzo e promo di periodo. Questo approccio è stato il più perseguito (e con ottimi risultati), negli anni 80-90.
Certo, la soddisfazione del cliente è sempre indice rilevante, ma che ha un peso relativo nel guidare le scelte strategiche. 

Come lavora un’azienda product-centric?

Il processo di acquisizione di nuovi clienti è continuo ed è la funzione principale su cui l’azienda si spende. Le metriche che indirizzano le scelte strategiche si muovono intorno alla misurazione del traffico, dei cpc e dei ricavi. Approccio piuttosto standard che risulta essere molto vulnerabile alla concorrenza e al cambiamento del mercato.

Chi lo adotta di solito, potrebbe andare incontro nel tempo ad una più o meno forte incertezza sull’andamento futuro, e a possibili stagnazioni in caso di un’offerta poco ampia e/o molto generalizzata.

Per chi invece si sforza di mettere in atto un approccio basato sul cliente, parliamo di una visione di tipo customer-centric, i cui pilastri su cui si basa sono diversi: si lavora per dare valore e ripetere interazione e acquisti, massimizzare il Customer Lifetime Value – metrica fondamentale – e l’utilizzo dei canali pubblicitari è diverso.

Il motore della domanda è dato dal comportamento del cliente e dalla sua abitudine di spesa. Di norma in questo caso non parliamo di mass market, a meno che non prendiamo ad esempio realtà come Zalando, ma di aziende che coltivano nicchie specifiche servendole con un’offerta ad ampio spettro. 

Come si arriva a conoscere il comportamento dei propri utenti in un ambiente customer-centric? 

L’analisi dei dati è centrale: database, dati di navigazione del sito, visualizzazioni di categorie merceologiche, acquisti e interazione pre e post vendita. Il contesto potrebbe essere all’apparenza più complesso da gestire, ma sono molti i software e le automazioni che si possono utilizzare anche a costi molto sostenibili.

Subentrano definizione e monitoraggio di metriche quali la Customer Experience legata ad esperienza di navigazione e d’acqusito, Retention, touchpoint progressivi, e calcolo del Customer Lifetime Value, a loro volta misurati seguendo una segmentazione dei comportamenti riscontrati, dove la tecnologia è particolarmente d’aiuto.

Il fine è quello di aumentare la vita utile del cliente per l’azienda, la Retention, che implica scelte strategiche e lavorazioni orientate al lungo periodo.

Si può parlare di Retention in diversi modi e praticamente a tutti i livelli della Customer Journey, anche se il momento più interessante e quello a più alto potenziale, è quello successivo al primo acqusito. 

Secondo una stima di Klaviyo (software di email marketing, CRM e automation) le possibilità che un cliente acquisti senza promozioni, una seconda volta, sono del 16-24%. Dopo aver compiuto il secondo invece le chances salgono per un eventuale terzo acquisto. 

Capire le dinamiche che intercorrono tra utente, prodotto e servizio, è particolarmente impegnativo in questa fase, e il ricorso a questionari posti nei giusti momenti è fondamentale: si devono capire esigenze ed esperienze, per migliorare soddisfazione e influenzare la ripetizione dell’acquisto.

Un’analisi di questo tipo porta ad entrare in un circolo in cui l’evoluzione è continua e riguarda la percezione di tutti gli aspetti legati ad esperienza e prodotto, forniti in modo da avere continui spunti di miglioramento ed sviluppare l’offerta intorno all’utente finale.

L’azienda mette il cliente al centro rendendolo l’elemento imprescindibile – e il calcolo del Net Promoter Score, attraverso l’utilizzo di questionari, serve a capire questo.

Con un questionario, nonostante non sia sempre considerato, si va a valutare l’esperienza vissuta dal cliente, per capire:

- cosa lo ha spinto all’acquisto

- cosa ha innescato il desiderio all’acquisto

- per cosa il prodotto venduto è utile e perchè sia stato scelto rispetto ad eventuali competitor

- quali barriere o difficoltà sono state incontrate durante il processo

- se il prodotto ha dei difetti

- se il servizio ha avuto problemi

Ricercare queste informazioni in questo modo, segue un framework preciso è conosciuto come Jobs To Be Done, preparatorio al calcolo del Net Promoter Score. È un processo attraverso il quale si analizza ciò che porta ogni utente a diventare cliente, trovandosi in una situazione in cui il prodotto possa effettivamente migliorare la sua condizione, ma a causa di impedimenti o fraintendimenti di vario genere, il completamento dell’ordine è posticipato o rimandato in maniera indeterminata.

L’ecommerce è pur sempre un acquisto a distanza, con un nesso non istantaneo tra spesa e ricezione/utilizzo. Una richiesta di feedback o di valutazione dell’esperienza (veramente necessarie), devono tenere conto delle tempistiche per essere poste nel giusto momento. Tempistiche di ricezione ma anche di utilizzabilità del prodotto, in cui un metodo che valorizzi un approccio in cui “si prometta il necessario e si consegni l’eccezionale” (Under-promise & Over-deliver), è sempre preferito.

Ottimizzare la Customer Journey

Dare valore ad ogni touchpoint.

Determinare una journey che non spinga l’utente da subito ad effettuare l’acquisto, per poi effettuato o meno, farlo entrare in un circuito di retargeting poco pertinente e con il solo focus su prodotto e scontistiche. 

Il rischio è quello di diventare petulanti e perdere credibilità, senza aver riscontrato nessun effettivo interesse.
Adottando questa strategia i risultati spesso sono scadenti anche tra chi già conosce l’azienda ed ha già acquistato in passato: oltre l’80% molto probabilmente non si ripeterà.

Come è strutturata una buona Costumer Journey?

Dopo aver generato domanda e il primo ordine, misurare l’utilizzo del prodotto e la soddisfazione del cliente, comprese le obiezioni che potrebbero sorgere. È come se si cambiasse il metro di comunicazione fin li utilizzato per adottarne un altro, più discorsivo e centrato nel ricevere informazioni che vadano a valutare il lavoro fin li fatto. 

Un touchpoint post-sale organizzato in questo modo è l’ultimo step di una funzione che segue il modello di segmentazione Recency-Frequency-Monetary. Assegna il contatto ad un preciso segmento per continuarlo a lavorare con messaggi specifici e personalizzati in base all’esperienza avuta.
Strutturando touchpount così, le possibilità di riacquisto possono aumentare fino al 50%.

Un incremento dell’1% del Retention Rate sui segmenti alto spendenti può portare fino ad un +20% del fatturato.

Personalmente credo che l’equilibrio sia in un connubio tra le visioni product e customer, in ogni fase del ciclo di vita di un’azienda. Avendo a disposizione tanti strumenti nel mercato che risolvono le necessità di un ecom, il punto d’incontro si trova attraverso il compromesso tra chi è responsabile del prodotto e chi invece lo deve vendere e deve quindi pensare ai propri clienti e alla reputazione del brand.

Se poi si vuole portare questo approccio oltre, non potrebbe essere sufficiente lavorare sulla Rentention ma piuttosto sull’Advocacy per rendere il moltiplicatore ancora più ponderato, ma questa è una fase successiva.